Intervista a cura di Michele Pascarella | Gagarin Orbite Culturali
"Mi sono imbattuto per la prima volta nella vostra ricerca nei primi anni Novanta alla Casa Laboratorio di Cenci ad Amelia (anche grazie al racconto che Franco Lorenzoni ne ha fatto in alcuni suoi libri) e, nello stesso periodo, alla Fiera delle Utopie Concrete di Città di Castello. L’anno prossimo O Thiasos festeggerà trent’anni di lavoro. Puoi nominare un elemento sostanziale che è rimasto immutato e uno che è radicalmente cambiato, nella vostra ricerca nel corso del tempo?
È rimasta immutata, ma viva e dunque continuamente in trasformazione, la sete per la sorgente, la ricerca di qualcosa di dimenticato nella fretta di vivere, il desiderio di radicare l’azione teatrale il più possibile nel suo aspetto originario, partendo dall’impulso organico, dalla necessità vitale e di senso che muove un racconto, un canto, una danza, la relazione con lo spazio naturale circostante, l’incontro col pubblico presente. Quello che è cambiato è che come gruppo teatrale rispetto alla formazione delle giovani attrici e attori non possiamo più allenarci tutti i giorni per arrivare a quella qualità tecnica e spirituale di ensemble che potevo perseguire quando ho cominciato. Non ci sono più le condizioni culturali e soprattutto economiche per farlo. Mi è difficile proporre a dei giovani di lavorare gratis per formarsi con quella dedizione, quell’abnegazione, quella motivazione che muoveva parte della mia generazione. Ma la lotta quotidiana per sottrarci all’abbassamento qualitativo, alla mercificazione del nostro lavoro e alla mancanza di competenza e dunque anche alla povertà di educazione teatrale del pubblico continua il più possibile e strenuamente, assieme però al desiderio di condividere e mettere a disposizione le pratiche di TeatroNatura consolidate in questi trent’anni."
Foto di Fabrizio Magnani