Ritualità in O Thiasos TeatroNatura | di Sista Bramini | in "Antropologia e Teatro"
"Ecco cosa mi succede in questi vostri spettacoli nella natura: oltre l’ammirazione per la competenza artistica, provo un profondo sentimento di parità con le attrici e gli attori, perché più lo spettacolo va avanti e più si fa chiaro che, anche se con ruoli diversi, siamo tutti immersi in un mistero molto più grande di noi" (una spettatrice di O Thiasos TeatroNatura)
Abstract | Nell’articolo si analizza il rapporto tra rito e teatro attraversando il lavoro della compagnia O Thiasos TeatroNatura. Nelle numerose e varie produzioni del gruppo, infatti, l’aspetto della ripetizione e della relazione con i luoghi naturali sono gli elementi fondanti che creano forme “para-rituali”, in cui ogni elemento della creazione performativa (testo, canto, performer, spettatori) è teso a ri-creare il rapporto tra umano-reale-comunità. La risonanza con il rito non deriva da tendenze New Age, ma si disvela in strutture teatrali lavorate dalla qualità artistica dell’atto. Un agire che avviene assecondando quell’ecologia della mente che influisce nell’estetica-etica del TeatroNatura predisponendo le sue attrici, nelle tecniche, alla relazione con i paesaggi. In questa ricerca l’elemento rituale è rappresentato anche dal repertorio mitico rielaborato dalla compagnia. In questo modo, archetipico e attuale si incontrano in una ricerca dislocata e ripetuta che si ricrea, rinnovandosi nei paesaggi, dal 1992.
"Il rito quindi “non è un nostalgico retaggio, o frammento polverizzato del passato, ma insostituibile attualità” (Tomasello 2022: 72). Dunque si tratta di risvegliare una memoria profonda che si trova nelle fibre del sistema nervoso, dei muscoli, delle ossa, nella circolazione sanguigna, non aggrappandosi o fermandosi alla memoria breve più superficiale delle associazioni con il conosciuto ma andare oltre.Intanto va forse chiarito per chi non ne abbia ancora fatto esperienza, che non stiamo parlando di performance in natura che imitino o rimandino esplicitamente a una sorta di liturgia rituale o di happening aggregativi tipici di una cultura New Age. Nel nostro TeatroNatura® la risonanza con la ritualità si disvela all’interno di strutture lavorate e regolate dalla qualità artistica dell’atto. Attraverso precise drammaturgie e competenze teatrali ci si muove alla ricerca di una possibile unità della pratica conoscitiva in grado di individuare i punti di contatto tra cultura e natura, azione e contemplazione, classicità e contemporaneità, scienza e arte e contribuire ad un superamento di rigide demarcazioni settoriali ormai asfittiche. Non è sufficiente indagare intellettualmente questa unità/fluidità, ma va risvegliata percettivamente nel nostro sistema nervoso. Si tratta di generare un nuovo “corpo” individuale e collettivo dove fisicità, emotività, affettività e pensiero ritrovino le organiche connessioni tra loro e con i sistemi viventi del pianeta. La scoperta della Natura come unificatrice di contesti, dovrebbe diventare una pratica di conoscenza nel senso antico e vibrante di questa parola, per ritrovare in noi lo slancio, l’elan vital di un immaginario, in una forma rinnovata e sintetica della cultura verso quell’unità del sapere che da sempre è, e continua ad essere, la questione della conoscenza.
Ciò rende il TeatroNatura® un’utopia, un annuncio, un teatro in cammino, un teatro del futuro in ricerca di pratiche evolutive artistiche e umane che negli anni si sono rivelate sempre più necessarie. L’orizzonte in cui questo teatro si muove è quello di una conversione organica dei valori. Se vogliamo davvero prendere coscienza del disastro climatico incombente e, come dice Judith Butler, riuscire a contattare il dolore intollerabile che provoca in noi la perdita costante di biodiversità e il fatto di vivere in un mondo distruttivo e ingiusto, da noi creato, che non riesce a offrire un’efficace prospettiva di trasformazione, dobbiamo in qualche modo modificare radicalmente il nostro orizzonte evolutivo: apprendere e comprendere, in tutte le nostre fibre e attraverso una trans-disciplinarietà tutta da scoprire, che l’essere umano è un animale naturalmente destinato alla cultura e che la sua necessaria evoluzione comporta la capacità di destinarsi culturalmente alla Natura stessa. La Natura, che il nostro cervello non è in grado di comprendere completamente, è la sorgente della nostra esistenza e la nostra destinazione. È origine e destino. Questa trasformazione richiede nuove modalità produttive ma anche nuove forme d’arte e nuovi spazi di evoluzione collettiva, nuove forme di ritualità."
Continua a leggere l'articolo completo: https://antropologiaeteatro.unibo.it/article/view/20463/18555